Uno sguardo speciale – Rivista Consumatori
Con un progetto durato tre anni, la fotografa Irene Alison ha ritratto gli animali selvatici feriti e curati presso i Centri recupero. Uno sguardo sensibile e poetico sulla fragilità della natura, un’occasione per riflettere sulle responsabilità che l’uomo ha nei confronti dell’ambiente
Forse non tutti sanno che esistono ospedali dove ricci, cicogne, lupi, aquile, tassi vittime della caccia, di bocconi avvelenati e di incidenti vengono curati e, quando possibile, reintrodotti in natura. Si chiamano Centri recupero animali selvatici (Cras) e sono strutture molto importanti per la salvaguardia della fauna selvatica.
Luoghi che Irene Alison, sensibile fotografa e giornalista, ha frequentato per tre anni, restituendoci un lavoro fotografi co pieno di poesia che è anche uno spunto per riflessioni attuali e originali sul nostro rapporto con la natura.
«Inizialmente sono stata mossa dalla passione e dall’interesse per gli animali – spiega l’autrice – poi, progressivamente, queste strutture si sono rivelate ai miei occhi come campi di battaglia su cui si consuma lo scontro tra naturale e artificiale, tra selvaggio e domesticato, tra urbano ed extraurbano.
Vittime collaterali di un conflitto più grande di loro, quello tra le ragioni del progresso/profitto e quelle della natura, gli animali trovano, in questi luoghi di cura, persone straordinarie che si impegnano, spesso su base volontaria, per restituire loro quanto gli è stato tolto e per reimmetterli nel loro ambiente. La maggior parte di queste persone sono donne».
La letteratura scientifica è ricca di figure femminili che hanno dedicato la loro vita alla salvaguardia di alcune specie, le più note sono senz’altro le primatologhe Jane Goodall e Dian Fossey. La storia di quest’ultima è raccontata nel suo libro “Gorilla nella nebbia”, da cui poi è stato tratto un film.
«Il legame tra donne e animali emerge anche nella letteratura femminile e in diversi studi femministi – prosegue la Alison – e non è un caso se, fin dal XIX secolo, quando le donne divennero le principali attiviste del movimento antivivisezionista, la storia del pensiero femminista si è intrecciata con quella della filosofia animalista. Se la cultura maschile tende a operare un controllo sulla natura, quella femminile è più propensa a essere solidale».
Parte del lavoro è stato realizzato al South Florida Wildlife Center, parte a Roma, al Centro
Recupero Fauna Selvatica Lipu. «L’incontro con Irene è stato molto interessante – aggiunge Francesca Manzia, responsabile del centro – perché il suo sguardo, attento e profondo, ha saputo catturare l’intima sostanza della relazione che abbiamo con gli animali e del legame complesso che, come esseri umani, abbiamo con la natura. Il nostro è un lavoro faticoso – prosegue la responsabile – visto che i fondi a disposizione per gli ospedali per la fauna selvatica sono pochi, mal distribuiti e che molte volte le spese sono a carico delle associazioni di volontariato. Eppure, il nostro impegno non si risolve solo nel curare: anche fare educazione ambientale è una priorità. Tra i nostri compiti c’è quello di sensibilizzare a un uso cosciente dei prodotti chimici più comuni, come insetticidi e diserbanti, perché per tutelare gli animali non basta medicare una ferita o fasciare un arto fratturato, è necessario diffondere una maggiore consapevolezza delle responsabilità che abbiamo nei confronti dell’ambiente».
Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – Edizione Lombardia di marzo 2024.