Pelosi & Co – Rivista Consumatori
Hanno invaso le nostre case e sono padroni dei nostri cuori. Così i nostri amici dotati di pelo, piume o squame sono ormai membri della famiglia a pieno titolo. Con loro ci sentiamo “genitori” premurosi e permissivi, fino ad amarli più dei bipedi. E solo per sfamarli spendiamo due miliardi di euro l’anno
Gli animali fanno parte della nostra vita dalla notte dei tempi, ma negli ultimi anni il loro ruolo è molto cambiato: hanno invaso le nostre case, sono padroni dei nostri cuori e condizionano anche il nostro portafogli. Solo per sfamarli gli italiani, nel 2020, hanno speso oltre due miliardi di euro. Sono circa sessanta milioni gli amici non umani, dotati di pelo, piume o squame, che vivono con noi. Il rapporto tra umani e animali nella penisola è arrivato a 1 a 1. Pare che siano le signore in età compresa tra i 45 e i 54 anni, soprattutto residenti al Nord, le più propense ad accogliere in casa un animale d’affezione.
A descrivere con un sorriso questo pacifico allargamento delle nostre famiglie è “Pets, Gli animali domestici hanno invaso le nostre case e i nostri cuori ” (Feltrinelli Editore), libro scritto da Guido Guerzoni, adjunct professor di Museum Management presso l’Università Luigi Bocconi di Milano e senior research fellow dell’University of California Davis, che offre uno spaccato sulla relazione, non sempre rose e fiori, che lega gli uomini ai propri animali.
«Dalla felice convivenza con il cane Pioppo, è nata la mia curiosità scientifica per i processi di umanizzazione dei pets», racconta l’autore. «Un cambiamento nato una ventina di anni fa che si è trasformato in un crescendo che ha portato all’odierna “parentizzazione”: oggi il 90% dei proprietari occidentali, italiani compresi, si considera orgogliosamente il genitore del proprio pet, senza vergognarsi di esprimere sentimenti paterni, materni e fraterni». Si tratta di “genitori” tanto permissivi quanto premurosi: il 71% lascia gli animali domestici dormire nel proprio letto, il 64% compra loro dei regali quando è in vacanza, il 50% gli parla regolarmente (con dialoghi più fitti di quelli che intercorrono con i propri figli!), il 45% si ricorda sempre di acquistargli un regalino il giorno del compleanno, il 31% cucina regolarmente prelibati manicaretti, il 27% ha commissionato ritratti fotografi ci professionali e il 12% li porta regolarmente sul luogo di lavoro.
«Non sono numeri banali – prosegue Guerzoni – se consideriamo che le stime ufficiali attestano la presenza a livello mondiale di 1,7 miliardi di pet, destinati a crescere in doppia cifra nei prossimi anni. E ancora: una ricerca inglese dice che una donna su dieci preferisce la compagnia del proprio animale al partner, mentre il 62% degli italiani preferisce la compagnia del proprio animale a quella di altre persone. In un sondaggio condotto dall’American Animal Hospital Association, il 40% delle donne intervistate ha affermato di aver ricevuto nel corso della propria esistenza molto più affetto dai propri cani che dai rispettivi figli e mariti, laddove un’indagine condotta in Italia (non particolarmente rigorosa dal punto di vista scientifico) ha riscontrato che il 76% dei proprietari bacia i propri cani tra le due e le quattro volte al dì, più spesso di quanto non baci il proprio partner bipede. Sono legami che non possono sostituire quelli umani, ma nella pratica succede spesso. Non è un caso che si parli di figli surrogati».
Un altro dato interessante, per continuare a dare qualche numero, riguarda proprio le nascite. Nel primo trimestre del 2021, secondo l’ultimo Rapporto Coop, c’è stato un calo del 6% delle nascite contro un +15% di adozioni di cani e gatti, rispetto al 2020. Una tendenza sicuramente condizionata anche dalla difficile condizione sociale ed economica che stanno vivendo molte famiglie a causa della pandemia. Se da una parte l’aumento delle adozioni durante questo periodo rende felici gli amanti degli animali, dall’altra gli esperti invitano alla cautela. «Sono un po’ preoccupato – ammette Carlo Ciceroni, veterinario comportamentalista di Firenze – per questo fenomeno. Temo che queste scelte siano state condizionate non solo dal bisogno di accudire una creatura, ma più che altro dalla possibilità di garantirsi il “diritto” ad uscite frequenti con i propri cani. Prendere un animale ha colmato il senso di solitudine e ha fatto compagnia ai bambini. È bene ricordare che cani e gatti, fortunatamente, vivono a lungo e che quando entrano nella nostra famiglia ci possono stare anche vent’anni: per questa ragione ogni adozione deve essere ben ponderata. Rispetto all’acquisto di cuccioli di razza, ho notato un calo di quelli provenienti dall’estero e un incremento di quelli allevati in Italia. Questo parrebbe aver generato un aumento dei prezzi rispetto agli anni passati. Il motivo potrebbe essere legato alla necessità di far fronte alle numerose richieste, soprattutto sotto Natale. La difficoltà a reperire cuccioli sembrerebbe aver spinto molte persone, vista anche la contingenza economica, a improvvisarsi allevatori e a far nascere piccoli (in gergo si dice “scucciolare”), consegnandoli spesso sotto un’età consigliabile». Tutto questo, se confermato, nel futuro, potrebbe avere delle ripercussioni sulla qualità di vita soprattutto dei nostri cani, una volta tornati alla normalità: «Mi aspetto tra qualche mese – conclude il veterinario – un aumento dei problemi legati all’ansia da separazione e ai disturbi dovuti a una socializzazione sbagliata, incompleta o, in alcuni casi limite, del tutto mancata»
Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – edizione Lombardia di novembre 2021.