La seconda opportunità – Rivista Consumatori
All’interno del carcere di Bollate di Milano è attivo un progetto, unico in Europa, che coinvolge i detenuti e i cavalli.
Al timone di questa importante iniziativa c’è Claudio Villa, un signore con una grande esperienza nell’ambito dell’equitazione, che ha voluto scommettere su una relazione che ha una lunga storia, quella tra uomo e cavallo.
«Cavalli in carcere, così si chiama il progetto, nasce per caso nel 2007 quando un privato mi ha chiesto aiuto per trovare una sistemazione a 4 cavalli che non poteva più tenere – racconta Claudio -. La direttrice del carcere di quel periodo, Lucia Castellano, una donna molto sensibile e propositiva, ha accettato la proposta di inserirli in un progetto all’interno della struttura dove erano già in corso una serie di attività finalizzate al recupero e al reinserimento dei detenuti».
«I cavalli – prosegue – sono animali estremamente sensibili e capaci di instaurare un profondo legame con le persone che si prendono cura di loro. Questo animale, anche per via della sua mole imponente, è una creatura che ti mette in discussione, con la quale non puoi mai dare nulla per scontato, ma allo stesso tempo è molto empatico. I detenuti sono persone con difficoltà psicologiche, private della loro libertà, ma anche dei propri affetti. Stare a stretto contatto con un animale che non ti giudica e con il quale costruire nel tempo una relazione impostata sulla fiducia reciproca, è un percorso importante. La scuderia è stata costruita negli anni, insieme ai detenuti, con materiale di recupero e attualmente ospita 35 cavalli. Ci
tengo a sottolineare che la maggior parte di loro arriva da sequestri e maltrattamenti. Questo è il progetto della seconda opportunità, sia per
gli uomini che per gli animali».
I detenuti che seguono questo percorso, che dura circa 3 mesi, sono impegnati 5 – 6 giorni alla settimana per 6 ore al giorno.
È un lavoro a tempo pieno durante il quale si prendono cura degli animali, delle stalle e imparano un mestiere. «Mi ricordo di un signore rumeno che non aveva mai visto i cavalli, ma si vedeva che ci sapeva fare, così gli ho fatto fare un corso da maniscalco. Ha avuto modo di portare la sua testimonianza anche all’Università Cattolica – racconta Claudio Villa – era emozionato e pieno di orgoglio. Mi ha scritto recentemente da Londra, stava bene. Molti mi chiedono perché faccio tutto questo. Per me stesso, è la risposta, lavorare qua dà un senso alla mia vita, anche se sono preoccupato per il futuro. Mandare avanti la struttura ha dei costi importanti, sostenuti interamente da donazioni private. Recentemente ci siamo costituiti come associazione sportiva per gestire meglio anche questi aspetti».
Un altro sogno di Claudio è quello di portare anche i cani all’interno del carcere, su un modello studiato da una suora americana, Pauline Quinn, una ex homeless, che ha dimostrato come sia di grande aiuto per queste persone la vicinanza di un cane.
Dopo un corso per imparare come gestire il più fedele amico dell’uomo, si potrebbero creare, proprio all’interno del carcere, le condizioni per costruire dei rifugi, alleggerire in questo modo le strutture esterne e dare ospitalità ai numerosi cani in attesa di trovare una famiglia. Un progetto di sicuro successo per aiutarsi a vicenda e perché si sa che gli animali hanno la straordinaria capacità di tirare fuori la parte migliore dall’essere umano.
Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – edizione Lombardia di giugno 2017.