“Altre vittime di guerra” – Rivista Consumatori
Il conflitto in Ucraina ha causato un’emergenza umanitaria a cui si aggiunge l’urgenza di prendersi cura degli animali, domestici e non, che dallo scoppio della guerra si sono ritrovati a vivere in un luogo non più sicuro.
Le immagini della guerra in Ucraina ci hanno scioccato, sia per la loro crudeltà, sia perché ci trasmettono una visione molto incerta di un futuro che riguarda tutti noi. Un aspetto che ha colpito gli animi più sensibili è stata la numerosa presenza di cani e gatti accanto ai loro compagni umani, in situazioni davvero drammatiche: nei bunker, sui treni, nelle strade e nelle tendopoli allestite per
l’emergenza.
Abbiamo riflettuto insieme ad alcuni professionisti che si occupano di animali in ambiti diversi per conoscere il loro punto di vista.
Paolo Santanera, veterinario, responsabile di una clinica molto ben avviata in provincia di Torino, non è sorpreso da queste immagini. «In Ucraina — ci dice — c’è una lunga tradizione di allevatori di cani e gatti e molti dei miei clienti mi portano animali acquistati da loro. Quello che in tutta onestà posso dire è che, rispetto ad altri paesi e alla controversa questione dei cuccioli che arrivano dall’Est in condizioni di salute pessime, quelli che a oggi ho visitato io sono soggetti sani. Una mia cliente, che alleva Shih Tzu, è in contatto con un collega ucraino che, a causa dei bombardamenti, ha dovuto lasciare la sua casa ed era molto preoccupato per i suoi animali che rischiavano di fare una brutta fine. Quindici cuccioli sono arrivati nel mio ambulatorio tramite una staffetta. Godevano tutti di ottima salute e, morale della favola, è stata un’altra mia cliente di origine russa a trovare a ciascun cagnolino ucraino una famiglia».
«Ad aprile sono andato in Polonia al confine ucraino — ci racconta invece Davide Acito, presidente di Apa (Action Project Animal) — a consegnare un carico di cibo donato da Coop Lombardia e per riportare in Italia il maggior numero di cani e gatti. Erano presenti molte altre associazioni e veri e propri presidi veterinari da campo per curare le ferite di guerra degli animali. Ho visto persone camminare per decine di chilometri con in braccio i loro animali per arrivare al confine polacco. Una signora ucraina ci ha affidato un cane e un gatto con la promessa di farli adottare insieme. Ero presente quando il suo cane ha aiutato i soccorritori a scavare tra le macerie per salvare il felino che era rimasto intrappolato. Anche io sono stato sorpreso dallo spazio che i reporter hanno dedicato alle vittime animali, rispetto ad altre guerre. Penso che questo sia dovuto al fatto che l’Ucraina è un paese che ci è vicino culturalmente. In Afghanistan e in Iraq, giusto per citare due esempi, cani e gatti non sono protagonisti nelle famiglie allo stesso modo».
Christiana Ruggeri, giornalista del Tg2 tra i coordinatori della redazione esteri, è impegnata da sempre nella difesa dell’ambiente e degli animali. Da quando è scoppiata la guerra ha seguito molti servizi sull’argomento. «Credo che le famiglie ucraine — racconta — abbiano dato al mondo un grande esempio di amore e di civiltà: non solo nei fatti, ma anche nell’emergenza e nel terrore.
Sono scappati senza lasciare indietro i loro animali. Sconvolti e smarriti hanno dato a noi tutti una forte testimonianza di rispetto e di compassione. Le associazioni di volontariato che sono rimaste sotto le bombe per non abbandonare i randagi, e i militari e i civili che sono tornati a salvare gli animali sotto le macerie hanno costretto il mondo occidentale a riflettere su quanto, oltre alla follia, pulsi, nonostante tutto, un mondo pieno di valori. Come giornalista tv mi restano immagini indelebili: la nonnina che copre le orecchie della sua cagnolina, spaventata per le deflagrazioni, l’uomo che ha perso tutta la famiglia ed è rimasto per il suo gatto. Ma su tutti voglio ricordare lui, Dennis, che è stato ucciso da un missile a 15 anni mentre nutriva gli animali di fattoria non evacuati dall’ecopark di Kharkiv».
Questa crescente sensibilità ci spinge a fare delle riflessioni anche da un punto di vista giuridico.
«È così — aggiunge Alice Dominese, ufficio stampa di Animal Equality —. C’è una totale mancanza di tutela dei diritti degli animali coinvolti nei conflitti da parte del diritto internazionale. Alcune organizzazioni animaliste, insieme a studiosi dei conflitti, stanno cercando di favorire lo sviluppo di norme che tutelino gli animali in tempo di guerra e in altre situazioni di emergenza. L’esperto di diritto internazionale umanitario belga Jérôme de Hemptinne ha proposto di estendere anche ai territori occupati la protezione prevista dalle Convenzioni di Ginevra del 1977 nei confronti delle aree con elevata biodiversità. In questo modo gli animali potrebbero essere tutelati all’interno di specifiche zone smilitarizzate. Un’altra ipotesi — prosegue Alice — potrebbe essere quella di considerarli proprietà privata o pubblica, così da estendere anche a loro le tutele previste dall’articolo 53 della quarta Convenzione di Ginevra, che vieta alle forze di occupazione militare di distruggere la proprietà privata e pubblica, a meno che non sia reso assolutamente necessario dalle operazioni militari».
Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – edizione Lombardia di settembre 2022.